Regole dello sport, regole di vita o semplicemente buon senso?

downDovere e potere sono i verbi che dovete memorizzare, perché a mio giudizio sono la chiave della storia di vita che sto per raccontarvi. Io stessa leggendola mi sono subito posta delle domande, tanto da capire che può dare degli ottimi spunti di riflessione.

Come spesso capita anche questa storia ha fatto il giro della rete, partendo da Facebook e poi domenica sera l’approdo al Tg5 delle 20; in questi casi io dico:” Meno male che i giornalisti della tv hanno deciso di parlarne, perché aiuta molto a trattare un argomento difficile come “la disabilità”. L’intera nazione deve essere richiamata all’attenzione, un po’ presa per mano fino a quando camminerà da sola e noi non dovremo più farci notare come diversi.

In questa vicenda i protagonisti sono: un allenatore di pallavolo da trent’anni, Andrea Bartolini, che allena la Pallavolo Orbetello e suo figlio Matteo, ventenne, Down, che da sempre si siede in panchina con il padre durante le partire della pallavolo Orbetello, sia quando gioca in casa che quando va in trasferta. Lascio a voi decidere come identificare Matteo, ovvero quale ruolo assegnargli: mascotte della squadra o spettatore speciale.

Però il padre ha tenuto a precisare come sono arrivati a consentire a suo figlio di sedere proprio nella panchina dell’allenatore. Da il Tirreno (Livorno) leggo che hanno chiesto alla Federazione una deroga e hanno ricevuto una risposta ben precisa: tesserare Matteo come fosse un dirigente, così gli arbitri non avrebbero fatto nessuna obiezione. E’ andato sempre tutto liscio fino ad ora; caduta di stile o regole ferree? So benissimo che nello sport le regole sono rigide e fatte apposta per disciplinarlo; che per eccellenza è una vera disciplina che mira a formare il carattere e aiutare nell’inserimento nella società e nella vita quotidiana. Continua a leggere