Ciao Chiara, mi permetto di scrivere questa lettera, perché ne sento l’esigenza come donna, come disabile e soprattutto come essere umano dimenticato dallo Stato italiano e per assurdo la colpa non è neanche mia, ma di una schifosa malattia. Penso che ti aggiungi agli innumerevoli senza colpa… eppure sono/siamo decisamente invisibili…
Non ho passato quello che tu hai tragicamente vissuto, ma entrambe ci troviamo nello stesso limbo; siamo dentro al tunnel buio della disabilità e tu ancor peggio ti ritrovi a vedere, a breve distanza, violati i tuoi diritti di persona, essere vivente con una violenza inaudita per ben due volte. Ho letto la tua storia e spero che in tanti abbiano fatto lo sforzo di conoscerti, almeno questo, ma non ti garantisco che possano capirti. Sono giunta alla triste realtà che nessun estraneo può davvero farlo, anche perché ci vuole un alto livello di buona volontà. Le persone comuni non sono pronte a soffrire per qualcosa che non gli attraversa il corpo o l’esistenza, figurati le Istituzioni! Lo Stato viene definito, impropriamente, un organo supremo, ma come vedi e soprattuto, come sta toccando con mano il tuo caro papà, ha poca consistenza e tanto vuoto al suo interno.
La tua realtà attuale quale è? Ricopri una posizione assai scomoda per essere gestita dai poteri forti, da una società cieca, sorda e il più delle volte troppo sopra le righe. Sai Chiara, fa male e ho paura a dirti che sentirai delle voci che ti diranno “Amen” è andata così, è viva e ora cosa vuole dal mondo? Mi fa davvero incazzare pensare che queste cose tuo padre le sta sentendo e affrontando. Continua a leggere